racconti

accadimenti di un attimo di febbraio alle sette

piove a dirotto.

piove che il cielo sembra non riuscire più a contenere quel pianto e lo vomita alle sette di sera. è buio, un buio di febbraio delle sette di sera.
gio s’infila il cappuccio sul capo ed esce rapidissima dalla macchina. il cuore le galoppa impazzito e sembra sbalzarle fuori dal petto, mentre corre e va a infilare la lettera nella cassetta della posta di lui, sperando con tutta se stessa che nessuno la veda e che lui non torni in quell’attimo. poi scappa via come una ladra.
è bellissima gio. pure con tutti i pedicelli sotto al mento e quell’aria spocchiosa da diana la cacciatrice. perché non gliela avesse inviata per posta? perché avrebbe dovuto sapere che lei, proprio lei in carne, fosse stata lì, sotto al suo balcone, e che l’avesse persa solo per un attimo…
era stato lui ad averla lasciata, perché non era più capace: così le aveva rivelato. e lei non se ne capacitava e la notte non ci dormiva e ai ricordi solo belli ripensava e ai luoghi vissuti insieme e al mare e alla neve e il pianto la affliggeva e di giorno si spaccava la testa pur di capire che cosa avesse voluto dire quel non-esserne-più-capace e come mai e perché quel no invece di un sì!
mai seppe se lui la lesse. se la lesse in cucina con il giaccone ancora addosso semiaperto. oppure nell’androne, ancora incredulo e appena incerto, prima di salire le due rampe di scale e rientrare in casa. oppure al mattino successivo, dopo aver preso nella nottata continue forsennate boccate d’ossigeno. non lo seppe, né volle saperlo mai. mai. mai. la lettera divise i loro corpi per sempre.

piove a dirotto.

ari è chiusa in macchina, piena d’ansia e di rossetto rosso. i capelli sono lisci e ordinati e gli orecchini neri pendono eleganti appena sopra alle sue spalle. ascolta distrattamente canzoni a caso passate in radio, mentre la città la trapassa con le sue luci chiassose del traffico delle sette di una sera di febbraio. tutti sono impazienti di tornare a casa, mentre lei da casa è uscita da poco meno di mezz’ora: ha un appuntamento, un appuntamento con lui.
il giorno in cui lo incontrò, rimase impigliata in quello sguardo magnetico. un percorso intenso, onirico, ombroso… dannatamente bello quello sguardo, da averla fatta annodare: uno sguardo dal quale non s’era più riuscita a separare. oh, che tonfi diretti in pancia! la aspettava da tempo un’emozione così travolgente, da restarci sveglia all’una di notte con lo stomaco in gola, così densa da credere che sì, la vita li avesse fatti incontrare proprio lì, in quel matrimonio distratto. distratto per tutti, ma non per loro.
ari lo cercò e quasi subito, per caso, lo trovò tra le foto degli invitati. lui le spalancò sorrisi telefonici e si parlarono a lungo, prim’ancora di vedersi, narrandosi delle molte similitudini e delle magnifiche differenze, desiderosi di rivedersi e di restituire ai loro occhi la sublimazione di quel primo incontro. lunedì sera alle sette sarò tutto tuo. lui pronunciò proprio queste parole, senza esitazione alcuna, e lei precisa e puntuale ne restò agganciata dall’ombelico ed era giunta fin sotto casa sua il sette febbraio alle sette.
ari è lì, sente quella musica che le cola addosso, il cuore le sta per esplodere, i flussi dei pensieri si attorcigliano a lei e la lasciano di nuovo senza fiato. a un tratto tira su tanta aria dal naso e tutto improvvisamente si ferma. giusto un attimo prima di scendere, un braccio invisibile la prende e la blocca e la trattiene severamente inchiodata sul sedile, un momento prima di arrivare dove lui già la sta aspettando.
ari è bellissima, con quel suo rossetto ciliegia e il cappotto corvino e quella forte luce accesa negl’occhi e un cerchio invisibile di energia. è poco consapevole e piuttosto confusa, ma pure piena di sé. all’improvviso ha chiaro in testa che chi ti vuole non si fa aspettare in un luogo: semmai ti raggiunge nel tuo. decisa e malinconica, riaccende la macchina e va via.
non seppe mai più cosa pensò lui di quell’attimo di attesa. se la aspettò anche dopo. o se smise in poco tempo, dimenticandola. lui tacque e non rispose più. e ari ebbe solo la certezza che lei, andandosene, si fosse salvata la vita.

piove a dirotto.

gigi l’ama quella melodia dell’acqua, che si frantuma sulla finestra, e se la guarda compiaciuto, così grigia e così liscia e così potente. febbraio è freddo e umido. febbraio è corto, è come una canoa che ti traghetta dall’inappetenza dell’inverno alla speranza della primavera. è febbraio, non c’è dubbio, e sono le sette di sera di un sette di pioggia. e la pioggia purifica, dice gigi, lava l’aria, cancella le maldicenze, scrosta le cose cupe, si porta via i pensieri scomodi.
è steso nel suo letto e guarda un po’ fuori dalla finestra, un po’ il soffitto di legno, un po’ chiude gli occhi. ed è appunto quando li chiude che la vede! e li mantiene chiusi, per tenersela lì. la sta aspettando, poiché lei ha detto che sarebbe arrivata prima di cena, per le sette. gigi le ha già comprato le sue cose preferite da mangiare insieme, accompagnate da un buon vino bianco dai profumi floreali.
lei è come i fiori d’inverno ai suoi occhi. lei è una ventata di passato, che lo avvolge nel presente. lei è un po’ pazza, un po’ strana, un bel po’ diversa dalle altre. e la sente così tanto sua, da non sentire più il confine tra il proprio cuore e quello di lei.
un giorno la sposerà, o forse no. un giorno comunque, ne è certo, vivranno sotto allo stesso tetto e guarderanno lo stesso soffitto e respireranno la stessa aria viziata e cucineranno insieme chiusi nella stessa cucina e guarderanno uniti la pioggia e si laveranno nello stesso bagno con la stessa acqua. questo lui lo sa bene.
proprio in quell’attimo il campanello suona. rompe il silenzio di quei pensieri e penetra in quel momento forte e chiassoso. gigi spalanca la porta e il suo timido sorriso. è lei. è lei ed è bellissima. la guarda curioso e, in un attimo, lei gli cinge il collo, gli strizza la gola e lo bacia senza fiatare.

gli attimi di febbraio alle sette sanno essere spietati – ma pure dolcissimi. attimi per sé. attimi di tutti. intimi attimi di ciascuno. attimi fatti dell’infinità di tutti.

[image: la pioggia, marc chagall]

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