lettera

lettera da palermo

che ti sia di consolazione la bellezza.

mi trovavo di fronte alla fragilità di un tramonto visto dall’aereo, che squarciava in due il cielo col suo sangue rubino, e poi a quella dell’atterraggio, che sembrava sbriciolare la terra sotto alle ruote. sono giunta in questa città, che taceva più di parlare, tra i suoi vicoli bui e pieni di occhi. i suoi abitanti succhiavano linfa dall’asfalto inaridito e camminavano tra le debolezze di una ricchezza passata e cenni di una moderna precarietà. 

mi sono trovata a passare attraverso sapori, che non potevo raggiungere fino in fondo e che mai sarei riuscita a possedere – ma che già si stavano impossessando di me. ho incontrato un uomo seduto in un angolo, ripiegato sui suoi arti deboli, che pareva non vedere, né ascoltare, e che ha ricambiato un timido “arrivederci” con alcune sillabe di gentilezza, scritte con la saliva sulla lingua. la sera stessa sono stata stretta dall’abbraccio in osteria della nostra ospite, che, sorridendo, ha pronunciato quel “a presto!”, a cui tutte abbiamo creduto fino in fondo e che ci nutrirà – ne sono certa – di remote nostalgie. una città che t’accoglie, questo posso dirti, per non lasciarti più andar via. piena dei suoi errori, della decadenza di cui si è imbevuta e dell’oro, che la fa ancora luccicare. e se pensi di essere splendida, gentile, profonda, dura e fragile – come un cristallo – è solo perché non sei mai stata al cospetto di palermo.

che ci sia di consolazione la bellezza – dicevo – l’armonia, che giace nell’ordinata disposizione delle proporzioni; l’impeto, che pulsa nell’asimmetria delle parti; la rovina, che ci sottrae e ruba lo sguardo per l’inimicizia delle parti. la bellezza che strozza, una sottile seduzione, che pervade e inebria i sensi, un interstizio, in cui fluttuano e danzano chi percepisce e chi viene percepito, un accostamento tra diversità, che fluiscono in questo stesso luogo trasversalmente, come in un gerundio mai fisso.

come potrebbe sopravvivere il mondo senza la bellezza? senza l’inesorabilità del tempo che scorre, ma resta fisso in questo luogo d’incontro, senza lo stupore, che cattura l’anima e non la lascia più uguale a prima.

qualcosa di se stessi e degli altri si perde e si conquista ogni giorno, ti dico. e l’imbrunire sta ora giocando col mio sguardo e mi fa colare addosso un fresco blu. mi lancia nubi come petali e fiori come minuscoli cieli, mentre languida e quasi felice vago immobile per l’aspro odore scuro di queste sere qui e ti racconto di questa città interiore. 

[“olympia” di edouard manet]

“non mi piace la gente la cui mente non sa riposare in silenzio, il cui cuore è granitico agli altri senza sosta, la cui sessualità è perennemente insoddisfatta, il cui corpo s’intossica senza saper apprezzare di essere vivo. ”

alejandro jodorowsky

 

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